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All’oscuro dei voyeur​: il nuovo libro della massafrese Angela Greco

L L'autrice Angela Greco

Arriva il nuovo libro di poesie della massafrese Angela Greco intitolato "All’oscuro dei voyeur" che va ad aggiungersi alla decennale esperienza della poetessa.

Il titolo prende le mosse da un verso edito della stessa autrice, il paradiso accade all’oscuro dei voyeur, dove, nella dedica posta in chiusura, “paradiso” è sostituito con “poesia” ad indicare, oltre a una connotazione della stessa poesia secondo l’autrice, il percorso tutt’altro che facile, che quest’ultima sempre comporta.

La prefazione del libro è stata a cura di Franco Pappalardo La Rosa (giornalista, critico, saggista, poeta e narratore nativo di Giarre e residente a Torino) che lo commenta così: «La poesia di questo "All’oscuro dei voyeur" di Angela Greco presenta un forte nominalismo, che s’intrama (naturaliter si direbbe) nella mossa, a volte colloquiale, ma più spesso franta (come sospesa e subito dopo ripresa), tessitura dei versi.

Si tratta di un nominalismo, in cui i nomina delle cose si dispongono, nei segmenti versici, a grappoli, a catene pressoché continue di immagini, di metafore, di semina e “lampi” simbolici del pensiero e, costantemente esposti allo specchio concavo delle svariate forme dell’ironia – dalla giocosa all’irridente, dalla paradossale alla grottesca, alla sublime – sfocianti, talora, in zone di confine fra l’espressionistico e il surreale («Sotto il cappello sfuggono l’ansia dell’attesa e la finestra»; «Le diagonali tirate dalla luce affettano il sabato»), si organizzano a rappresentare un personalissimo microuniverso poetico.

Nel quale s’attesta la cognizione della solitudine, della distanza interpersonale («Sciolti i nodi / siamo tempeste in formazione in attesa della pioggia»), dell’inappartenenza («Non m’incontro più nemmeno allo specchio»), dell’assenza («Avrò notizie di me / tra qualche giorno. Oggi non mi riconosco»), dell’invano («si raccattano parole per imbrogliare l’attimo»): della prevalenza disperante, insomma, del Nulla che ci attanaglia e ci ottunde («Dietro le quinte è pieno di aghi spuntati dal Nulla»). Il tutto sorretto da un linguaggio poetico all’apparenza dimesso, sì, ma al contempo assai mobile, intriso di colori, di sfumature e di variationes ritmiche, musicali e figurali («è appena fiorita l’immagine della sera»): un linguaggio che, fra il visivo e il visionario, inanella immagini, figure, oggetti eistanze della mente, incastonandoli in un verso ipermetrico, a suo modo narrativo, e proiettandoli in una dimensione che pare collocarsi nello spazio atemporale del sogno (dove «Seduti scomodi sul secolo breve finito forse nel 1989 / intoniamo canti da raccolta di cotone per farne bende»).

Il ritmo e i tagli delle sequenze versiche, oltre tutto, immettono il lettore ex abrupto nel continuo flusso di testi poetici spesso non titolati (quasi frantumi di disintegrati poemetti), come a voler dimostrare che la poesia cerca e rinviene nella parola la coscienza della forma, la sorgente del desiderio e dell’ebbrezza inventiva, in una transizione di senso verso le radicali unità di pensiero e stupore, di testo e immagine, di presenza e confronto tragico con la frontiera dell’assoluto. Senza trascurare la sua precipua funzione di creare, proporre e rappresentare universi non solo paralleli, ma pure alternativi all’universo reale in cui ci troviamo inesorabilmente confitti («La poesia è insubordinazione, stazione viaria, azione, / passaggio in auto-stop verso una nuova galassia»).

Dotata, nel caso di specie, d’una robusta e perentoria vis assertiva («L’intonaco aspetta l’ultima mano; ritrovare la via / di casa nel dedalo degli accadimenti non è facile. / Ogni ritorno è un caso limite di sopravvivenza»), non chiusa, peraltro, ad attimi di delicato incanto («L’ultima anatra si rifaceva il trucco specchiandosi sul ghiaccio / appena formato: al di sotto della lastra, salutava per l’ultima volta / un pesce rosso dagli occhi languidi. Non mi ha detto dove / fosse diretta; ci siamo ritrovate, poco dopo, all’ufficio spaesamenti…»), essa sembra ingaggiare una specie di permanente sfida con la parola e con le infinite possibilità che la stessa offre di rappresentare le cose, l’esistenza, i rovellidel pensiero, il mondo, nel loro cangiante cromatismo d’immagini, nella plasticità dei movimenti e nella immobile fissità dall’abbandono, non trascurando di cercare, comunque, una plausibile via d’uscita dalla insensatezza della realtà e dell’essere.»

Angela Greco è nata il primo maggio del ‘76 a Massafra (TA). Ha pubblicato: in prosa, Ritratto di ragazza allo specchio (racconti, Lupo Editore, 2008); in poesia: A sensi congiunti (Ed.Smasher, 2012); Arabeschi incisi dal sole (Terra d’ulivi, 2013); Personale Eden (La Vita Felice, 2015); Attraversandomi (Limina Mentis, 2015, con ciclo fotografico realizzato con Giorgio Chiantini); Anamòrfosi (Progetto Cultura, Roma, 2017); Correnti contrarie (Ed.Ensemble, Roma, 2017); Ora nuda, antologia 2010-2017 (Quaderni di RebStein LXVII, 2017); Ancora Barabba (Collezione Bocche Naufraghe, YCP, 2018). È ideatrice e curatrice del collettivo di poesia, arte e dintorni Il sasso nello stagno di AnGre (https://ilsassonellostagno.wordpress.com/).

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