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L'ex premier Gentiloni a Taranto con la sua "Sfida impopulista"

Il presidente Gentiloni, l Il presidente Gentiloni, l'ultimo a destra

La sfida “impopulista”, a Taranto, Paolo Gentiloni l’avrebbe lanciata da premier, scommettendo sulla graduale ambientalizzazione dell’Ilva.

Una sfida che ha rivendicato, presentando il libro omonimo edito da Rizzoli al pubblico dell’aula magna della sede ionica dell’università di Bari, ieri pomeriggio. Più che una sfida, anzi, una scelta: lasciare aperta la più grande acciaieria europea, evitare che i lavoratori rimanessero a casa, prendere immediatamente la strada dell’ambientalizzazione e, nel medio termine, quella della decarbonzzazione.

Parola cara al governatore pugliese Michele Emiliano, beffarda per chi in queste settimane rivendica azioni concrete per attenuare immediatamente il peso delle matrici inquinanti. Schiera cui Gentiloni, con quel garbo che a Roma gli è peròvalso il soprannome di “er moviola”, riconosce comunque la legittimità della protesta, «perché il giudizio è sospeso – ha spiegato –, ma è giusto che chi non riconosce soddisfacente la risposta che abbiamo dato all’emergenza ambientale, che resta e sulla quale bisogna vigilare, tenga alta l’attenzione».

L’ex premier, introdotto dal direttore generale della Bcc di San Marzano Emanuele Di Palma, che ha organizzato l’evento ribadendo l’impegno dell’istituto a “portare nel territorio personalità con le quali costruire un confronto proficuo”, e intervistato dal giornalista Domenico Castellaneta, ha cercato di tenere insieme le ragioni complesse di un dibattito che a Taranto è carne viva. Una scommessa aperta, l’ha definita, che contempla l’impegno dei privati che devono investire nell’ambientalizzazione, «interventi necessari perché il luogo non si sarebbe risanato da solo – ha aggiunto – e non farli sarebbe stato forse peggio».

Per Gentiloni, insomma, scegliere può anche essere un’azione di segno opposto rispetto alla politica di matrice nazional-populista, come ha etichettato quella del governo giallo-verde, votata all’ipersemplificazione, all’individuazione di nemici, alla mancanza di dialogo con le opposizioni e alla celebrazione delle incompetenze. Un’azione dalla quale ripartire, rivedendo molti degli errori compiuti durante la scorsa legislatura, tutti di natura politica: «Perché non abbiamo perso le elezioni per le scelte di governo fatte – ha spiegato l’ex premier –, ma per aver sottovalutato, per esempio, la forza dell’onda nazional-populista e la scarsa corrispondenza tra ripresa economica e sostenibilità sociale».

La sfida “impopulista”, quindi, è sicuramente sottolineare il pericolo del populismo, ma soprattutto non inseguirlo nei modelli, elogiando invece la fatica di governare e costruendo un’alternativa. Pensiero di striscio, naturalmente, alle prossime europee, dove combattere la proposta di Matteo Salvini è per Gentiloni una necessità che deve vedere il Pd protagonista, ma non autosufficiente. «L’esito delle primarie, in tal senso, è stata un’iniezione di fiducia – ha concluso Gentiloni –, c’è stato un investimento nella leadership di Nicola Zingaretti e nel futuro del Pd che, però, è una premessa non sufficiente come alternativa. Questa forza ritrovata deve sfociare in una proposta unitaria alle europee e in una coalizione di centrosinistra: il Pd serve, ma non basta».

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