Immagine di repertorioDa Surbo a Castellaneta Marina, un viaggio di 200 km alla ricerca di lavoro e conforto.
Amadou aveva lasciato il Cas in provincia di Lecce per raggiungere un suo connazionale, con il quale viveva nella villetta dove si è tolto la vita lunedì scorso. Lavorava nelle campagne dell’agro, come molti altri migranti, e per trascorrere quel po’ di tempo libero che gli rimaneva frequentava il Cas dell’associazione Babele, ospitato nel Motel Ionico sulla statale 106.
«Avevo conosciuto Amadou da poco – ha raccontato Leda Verdieri, operatrice del Cas –, gli altri ragazzi mi raccontavano che ultimamente faceva discorsi senza senso, pare avesse lasciato anche il lavoro, per i suoi amici, in particolare per il connazionale con il quale abitava, aveva atteggiamenti strani, inconsueti». Un malessere che si era manifestato anche all’esterno, quindi, ma che non aveva fatto pensare alla volontà di compiere un gesto estremo.
Amadou non era “in protezione” presso il Cas di Castellaneta Marina, ma lo frequentava per usufruire di alcuni servizi, come il wi-fi, per guardare un po’ di tv o semplicemente per trascorrere un po’ di tempo con i suoi amici. Un centro di aggregazione, insomma, per i tanti ragazzi che abitano a Castellaneta Marina e che in bassa stagione rappresentano buona parte della popolazione residente.
Ma anche un luogo dove si consuma l’attesa: «Molti ragazzi restano anche 4 anni in centri come questo – le parole di Enzo Pilò dell’associazione Babele – aspettando i permessi di soggiorno. E lo fanno senza battere ciglio. Quando però le possibilità svaniscono, perdono anche quelle poche certezze che avevano».
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