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Giornata contro l'omofobia: l'impegno culturale deve continuare

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Il 17 maggio, in 130 paesi del mondo, si celebra la "Giornata contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia".

Condividiamo con voi l'intervista realizzata dal presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Massafra Maria Rosaria Nardelli e dell'assessorato alle Politiche Sociali, Istruzione e Pari Opportunità del Comune di Massafra retto da Maria Rosaria Guglielmi.

"Allora perché ancora se ne parla? Perché dedicare al “tema” una giornata? Dovremmo essere ormai tutti consapevoli del fatto che, sia l’orientamento sessuale che l’identità di genere fanno parte dell’identità personale di ciascuno, ovvero rappresentano una delle parti più intime ma anche socialmente rilevanti di ciascuna e di ciascuno di noi, protette dalla Costituzione come diritti fondamentali eppure, nel 2020, c’è ancora chi ignora tali evidenze o, addirittura, si fa promotore di “discriminazioni”, basate su preconcetti e pregiudizi, ritenendo che le Persone omosessuali e bisessuali non dovrebbero avere gli stessi diritti di quelle eterosessuali. In Italia si stima, inoltre, che ancora un buon 34% delle persone pensi che le relazioni sessuali siano sbagliate tra persone dello stesso sesso e, quindi, la strada da percorrere è ancora lunga!

A tal proposito, abbiamo intervistato l’avvocato Antonio Rotelli, da svariati anni impegnato in prima linea nella battaglia per il riconoscimento dei Diritti delle Persone LGBT... già, Persone, come ciascuno di noi!

- Avvocato Rotelli, possiamo asserire con sincerità che l’Italia ha superato le sue “difficoltà” con l’Omofobia e le altre forme di orientamento sessuale?

“Esiste un quadro contraddittorio della realtà italiana, che trova un corrispettivo nella legislazione e nelle prassi che tutelano dalle discriminazioni ma non tutte e non tutte allo stesso modo, che a livello di principi garantiscono le persone LGBT ma poi non sono declinati perché tutti i diritti siano riconosciuti.

Questa è oggi la situazione Italiana.

Partiamo da quando si è piccoli, in famiglia: non ci facciamo caso, ma la stragrande maggioranza dei genitori e dei parenti danno per scontato che i figli o nipoti siano o cresceranno eterosessuali e cisgender (parola che vuol dire avere una identità di genere conforme al genere e al sesso assegnato alla nascita).

Dal modo di vestirci, dai giochi che scelgono per noi, da quello che possiamo dire o fare e non fare, spesso non danno ascolto a ciò che comunichiamo loro e che rivela chi siamo e chi vogliamo essere. Questi aspetti dell’educazione in famiglia sono messi poco in discussione, la responsabilità genitoriale è scambiata per quello che non è, magari vorrebbero farci assomigliare a loro, i nostri genitori, non nei valori e nei principi, ma negli aspetti più intimi e personali della nostra identità. Ma non può essere così, ciascuno è e deve essere aiutato a essere se stesso. Essere genitori è complesso, ma in questa complessità va incluso il dovere dell’attenzione all’orientamento sessuale e all’identità di genere dei figli e delle figlie quale che esso sia e di cui i figli saranno pienamente consapevoli mano a mano che crescono.

Oggi non esiste una disposizione legislativa che espressamente garantisca l’orientamento sessuale e l’identità di genere dei fanciulli e degli adolescenti, nondimeno, tutte le norme nazionali o internazionali che li riguardano includono la protezione di questo aspetto. Si prenda, a esempio, la convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e degli adolescenti che stabilisce che i genitori devono essere guidati dal preminente interesse dei bambini nelle questioni che li riguardano (art. 18, comma 1) e pone il divieto di essere negligenti nei loro confronti (art. 19, comma 1) per ogni aspetto fisico e morale.

Così, è accaduto che in Italia, in quei non molti casi che sono riusciti ad arrivare all’attenzione dei tribunali sono stati garantiti i diritti dei figli omosessuali.

A esempio, sono stati riconosciuti i maltrattamenti e gli abusi di un padre che non accettava il figlio che aveva fatto coming out (decreto del Tribunale per i minorenni di Milano del 25 marzo 2011) o hanno stabilito l’obbligo della madre, unico genitore, di mantenere il figlio che aveva costretto ad allontanarsi da casa perché riteneva la sua omosessualità “contro natura” e contraria alla sua fede religiosa (Tribunale di Reggio Emilia, decreto del 4 ottobre 2008).

Oggi finalmente cominciano a esserci in Italia alcune pochissime strutture dedicate all’accoglienza di ragazzi e ragazze gay, lesbiche e trans cacciati di casa dai genitori, ma se da un lato serve l’impegno a crearne di più per non abbandonare questi ragazzi e ragazze, l’impegno principale deve essere culturale e familiare perché non succeda più che un figlio o una figlia vengano mandato via di casa o siano costretti ad allontanarsi per la loro identità personale.”

- Che ruolo ha la scuola nell’educazione dei bambini e dei ragazzi al superamento di questi oggettivi “limiti” culturali?

“La scuola è il posto dell’inclusione e della crescita”, dove tutti i bambini e le bambine si formano. A scuola ci vanno tutti, è obbligatoria fino a 18 anni, senza distinzione di genere, di ceto, di origine etnica, di lingua, di religione. La scuola è il più bel diritto che abbiamo e anche un dovere. Però a scuola non ci vanno quei bambini e quelle bambine che crescendo capiranno di essere lesbiche, gay o trans. Non fraintendetemi, fisicamente questi bambini a scuola ci sono, ma anche la scuola li trascura e rende invisibile tutto o molto di quello che ha a che fare con orientamento omosessuale e identità trans. E così facendo crea un doppio danno: lo crea ai ragazzi e alle ragazze, che dal silenzio o dall’ostilità verso questi aspetti che li riguardano ricevono messaggi negativi e svalutativi della loro identità in formazione e lo crea ai ragazzi e alle ragazze eterosessuali e cisgender che hanno bisogno di ricevere informazioni e conoscenze corrette, complete, che educhino al valore delle differenze di cui ciascuno è portatore.

La scuola, ahimè, con pochissime eccezioni, dà per scontato che tutti i bambini e le bambine siano eterosessuali, pur sapendo o dovendo sapere che non è così e che gli orientamenti sessuali e le identità di genere hanno la medesima dignità e sono parimenti garantiti dalla Costituzione.

Certo, esiste confusione anche a livello ministeriale nel dare attuazione a interventi di formazione degli insegnanti o di attività nelle scuole riguardanti tutti i temi che hanno a che fare con omosessualità e transessualismo. Però, per quanto poco, le linee guida nazionali del 2017 per la prevenzione di tutte le forme di discriminazione prescrivono che le scuole si occupino anche dell’orientamento sessuale, essendo fattore di possibile discriminazione e questo potrebbe prevenire numerosi abbandoni scolastici, suicidi e rischi per la salute delle persone omosessuali e dei trans adolescenti, oggi ancora troppo numeroso.”

- I ragazzi e le ragazze LGTB che si affacciano al mondo degli adulti, incontrano meno difficoltà?

Una volta entrati nella vita adulta le persone omosessuali e trans si confrontano con l’amore, la costruzione della propria famiglia, la genitorialità, il mondo lavorativo e tutte le relazioni sociali. E anche qui ci sono pregiudizi, discriminazioni e diritti in certi casi ‘molli’.

Partiamo dal lavoro, dove dal 2003 esiste una legislazione che vieta ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone omosessuali sul lavoro, dall’assunzione, alla formazione, alla progressione di carriera.

Non esiste una corrispondente disciplina per le persone trans, ma la Corte di giustizia ha affermato che a esse si applica tutta la disciplina normativa in materia di parità di genere, che dovrebbe assicurare una tutela ampia, non solo limitata al mondo del lavoro, ma questa indicazione della giurisprudenza, che è entrata poi nella direttiva europea, è come ignorata dagli operatori del diritto.

Grazie alla normativa del 2003 anche nell’ordinamento militare dal 2010 è stato previsto che in nessun caso possono essere discriminate le persone omosessuali. Anche in questo caso, la situazione pare meno certa per le persone transessuali, ma ho personalmente seguito con successo, qualche anno fa, il caso di una persona transessuale che ritengo essere stato il primo in Italia, e forse finora l’unico, che continua a fare carriera militare e non è stata spostata nei ranghi civili. Insomma, non esiste e non può esistere incompatibilità tra essere omosessuale o fare la transizione ed essere militare.

Per fortuna che esiste la normativa in materia del lavoro perché le discriminazioni sono non poche, spesso difficili da provare in giudizio e a volte esibite con baldanza, come è stato il caso di un noto professionista che in una trasmissione radiofonica e quindi con grande diffusione, aveva dichiarato che nel suo studio non avrebbe mai assunto una persona omosessuale, anche se fosse stato un bravo professionista. Per queste espressioni, che non si possono derubricare a espressioni della libertà di pensiero, perché sono in grado di disincentivare le persone omosessuali dall’inviare la propria candidatura presso il suo studio professionale, creando una vera barriera all’accesso al lavoro, il professionista è stato ritenuto responsabile in due gradi di giudizi e si aspetta di sapere se questa sua responsabilità sarà confermata definitivamente dalla Cassazione tra non molto tempo.

Al di fuori del mondo del lavoro, però, le norme non sono così altrettanto chiare nonostante i casi di discriminazione ancora una volta si sprecano. Così la garanzia dei diritti si fa meno precisa e più farraginosa. Faccio un esempio forse noto ai più.

Ogni anno, d’estate, puntualmente si presenta il caso dell’albergo o bed and breakfast che rifiutano di ospitare coppie omosessuali. Questo rifiuto non si può fare, perché un esercente non può rifiutare le prestazioni senza un motivo legittimo, ma mancando una normativa generale in materia anti-discriminatoria, si può ottenere che l’esercente riceva una sanzione amministrativa e gli si deve fare causa per il risarcimento del danno per le spese sostenute e la lesione della dignità personale.

La questione dei diritti e delle discriminazioni si fa più complessa quando si arriva a parlare delle coppie.

Come sapete dal 2016 esistono le unioni civili che riconoscono diritti e doveri alle coppie dello stesso sesso in maniera assimilabile al matrimonio, ma non del tutto coincidenti e con delle differenze che intaccano la dignità delle persone.

Forse è utile ricordare che il matrimonio nel nostro ordinamento è riconosciuto come diritto fondamentale, però esiste anche un altro diritto fondamentale, che è quello alla vita familiare. Sono due diritti distinti, ma l’Italia fatica a riconoscerli come separati. Un altra falla della legge sulle unioni civili consiste nel fatto che essa esclude la genitorialità delle persone omosessuali, se non per una possibilità, ovvero l’adozione in casi particolari che è prevista dalla nostra legge. In pratica quando due persone dello stesso sesso hanno un figlio, anche se il progetto di genitorialità è stato congiunto, al genitore non biologico rimane solo la possibilità di adottare il suo stesso figlio per vedere giuridicamente riconosciuto il rapporto che lo lega al figlio. Però questa adozione rimane revocabile, non crea rapporti di parentale con i nonni, gli zii e i cugini, lascia non poche problematiche per vicende che dovessero accadere prima che l’adozione sia pronunciata. Quindi non è un’adozione piena, non garantisce pienamente il bambino e nei fatti è un tentativo di ostinarsi a non riconoscere la capacità genitoriale delle persone.

- Avvocato Rotelli, esistono due altre grandi questioni sulle quali è necessario soffermarsi, a mio parere, ovvero i discorsi d’odio e i crimini d’odio che colpiscono le persone omosessuali e quelle trans e che sono perseguibili in sede civile e penale.

“I discorsi d’odio sono esperienza comune e sono in forte crescita. Internet è pieno di offese alle persone omosessuali e trans, ma anche i rappresentanti delle istituzioni non sono immuni dal farle. Perché con le parole di esprime disprezzo verso le persone omosessuali? Pura irrazionalità!

Poiché questo tipo di linguaggio non è socialmente accettabile occorrono azione preventive e culturali per limitarne la diffusione, ma occorre anche pensare a un intervento legislativo che garantisca una tutela semplificata a chi lo subisce che non può essere costretto ogni volta a dare mandato a un avvocato e avviare una causa con i costi, i tempi e le difficolta che questa comporta. Così come serve garantire sostegno alle vittime di questo odio. Quello che più allarma è l’odio che dalle parole passa alla violenza, fisica e psicologica, di cui pure vi è una costante crescita.

Sul piano dei crimini d’odio l’Italia rimane uno dei pochi paesi dell’Unione europea a non tutelare con disposizioni specifiche le persone omosessuali e trans. Però in Italia una legge che tutela i crimini d’odio esiste, ma protegge solo le persone per ragioni di razza, origine etnica, religione, appartenenza a una minoranza linguistica: è la Legge c.d. Mancino-Reale. Tante volte si è cercato di estenderla anche ai reati motivati dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere della vittima, però i progetti si sono sempre arenati in Parlamento”.

- Insomma, Avvocato, c’è ancora tanta strada da percorrere...

“Direi di sì!

Vorrei, infine, accennare a quei diritti che riguardano specificamente le persone trans. Il primo di questi è il diritto a compiere la transizione, che la legge italiana consente e regola fin dal 1982. Una persona che sente la sua identità di genere non coincidere con il sesso e il genere assegnati alla nascita, può ricorrere a un giudice che dispone la rettificazione dei documenti e del nome e, solo dove la persona lo ritenga necessario, l’intervento di modificazione degli organi sessuali. Per poter ottenere il completamento di questo percorso giudiziario, la persona segue un percorso psicologico o deve comunque ottenere la certificazione che attesti l’esistenza di una incongruenza di genere. Nel corso di questo percorso, un endocrinologo prescrive alla persona l’assunzione di ormoni, necessari per la realizzazione del percorso di transizione e che alcuni/e dovranno assumere per tutta la vita. Su questo aspetto ci sono non poche difficoltà legate alla reperibilità degli ormoni, al loro costo e al fatto che una buona parte delle persone transessuali appartengano a fasce di reddito medio-bassa, soprattutto a ragione delle enormi difficoltà che incontrano nel trovare lavoro. Va detto che le persone transessuali che completano il percorso di transizione, non rappresentano la totalità delle persone trans. Tuttavia, i diritti oggi riconosciuti in Italia sono garantiti solo a queste.

Arrivato a questo punto, e prima di congedarmi, spero di aver reso chiaro il senso di una giornata istituzionale come quella del 17 maggio.

A causa del loro orientamento sessuale o identità di genere, ci sono persone che hanno meno chance, meno diritti o vengono discriminate ed è importante ricordarlo perché le cose cambino.

E le cose cambiano se tutte e tutti ci impegniamo per farle cambiare.

Quella subita dalle persone omosessuali e trans non è un tipo di discriminazione che riguarda un singolo aspetto della vita o un momento particolare, ma può ricorrere anche ogni giorno o più volte al giorno fin da quando si nasce e bisogna anche essere fortunati a non incappare in “riparatori” o essere costretti a farsi “riparare”. Perché esiste anche questo: varie teorie riparative, ovvero tecniche e credenze condannate dalla medicina e dalla psicologia, che vorrebbero “guarire” dall’omosessualità o dalla varianza di genere. Sono tecniche che provocano traumi, dolore e violano la dignità più profonda della persona perché sono tesi a far credere alla persone che sono sbagliate, che qualcosa non va, ma non si tratta di malattie, non c’è niente da curare e non si guarisce, perché si tratta di caratteristiche personali di ciascuno/a.

Purtroppo, in Italia le teorie riparative sono condannate, ma non sono vietate, come avviene in altri paesi e come dovrebbe essere anche da noi.”

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