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Messe in latino nel santuario diocesano “Mater Domini”

Santuario Mater Domini di Laterza Santuario Mater Domini di Laterza

Dal 25 febbraio prossimo, alle 18:30 di tutti i sabati di Quaresima, nel santuario diocesano di Laterza “Mater Domini” la messa sarà officiata in lingua latina nella forma ordinaria.

Si riprende un cammino iniziato durante il periodo natalizio. Questa modalità di effettuare la liturgia potrà sorprendere: si tratta di utilizzare la lingua latina per quei fedeli che giudicano questa lingua espressione di un tempo che non è più, al dubbio, si deve dare una risposta, in modo che il “senso” possa prendere il sopravvento sulla domanda o sullo scetticismo. Il compito di capire è parte del percorso di fede. La lingua latina è la lingua universale della Chiesa, ancora oggi, per cui la liturgia in latino è parte  del deposito universale della Chiesa.

Il messaggio cattolico è rivolto a tutti i popoli nel rispetto delle loro identità, le differenze si ritrovano nella comune lingua latina che unisce i fedeli di ogni latitudine e tempo in un abbraccio universale. Per la Chiesa cattolica ogni essere umano ha la sua dignità di persona nell’essere figlio e progetto di Dio, pertanto così come l’essenza è unica nella diversità delle persone, nello stesso modo le lingue con cui si prega e glorifica Dio nella liturgia ritrovano l’unità nella lingua latina.

La razionalità della fede ha nell’uso del latino uno dei suoi fondamenti. La liturgia in lingua latina è occasione per i fedeli per rivivere la profondità teologica della cultura cattolica. Non si tratta di un’esperienza che esclude, ma di inclusione, è la traccia palese che il messaggio cattolico è rivolto all’umanità tutta.

Non a caso le parti riservate ai fedeli saranno corredate da un sussidio che consentirà per coloro che sono inesperti di partecipare alla messa. Dove vi è liturgia vi è partecipazione con la totalità delle facoltà umane; non bisogna temere: il sussidio con lingua corrente consentirà di “essere presenti” al rito con la totalità della persona.

La lingua latina con le sue tonalità unisce l’immanenza con la trascendenza, è unione, mai divisoria del bisogno di senso profondo che inquieta, ricerca e si apre all’infinito della trascendenza.

L’uso della lingua latina è di ausilio per comprendere l’universalità dei gesti che l’officiante compie sull’altare. L’unità nella diversità nell’elevazione dall’immanenza alla trascendenza, dunque, è il senso della celebrazione nella lingua liturgica della Chiesa.

Non in tutti i territori è possibile vivere una tale esperienza di spiritualità, in questa forma, la quale non dev’essere limitata all’ascolto, ma deve essere possibilità di crescita della fede, che si concretizza anche mediante la conoscenza della ricchezza della cultura cristiana.

La crescita spirituale non è solo una luce individuale, ma si trasforma in parola che rischiara la comunità. Non si tratta di essere semplicemente fruitori passivi della liturgia, ma di portare nel proprio quotidiano la sonorità spirituale della “parola” che contribuisce a disporsi verso il sacro nell’immanenza dell’incontro con l’altro.

Il rito in latino è il segno di una Chiesa che risponde ed accoglie sensibilità diverse nel comune credo cattolico, pertanto  è il “segno” di una Chiesa viva e che feconda i territori con la fede, le opere e la liturgia.

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