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Mobilitazione delle associazioni accoglienza di Taranto sul decreto "sicurezza"

protesta dei migranti a Taranto protesta dei migranti a Taranto

Venerdi 14 settembre si è svolta l’assemblea degli operatori SPRAR della provincia di Taranto. Hanno partecipato operatori e responsabili di Arci Svegliarci, Babele e Salam.

L’assemblea è stata convocata per discutere delle ricadute sui territori che saranno provocati dalla prossima approvazione del decreto sicurezza del Ministro Salvini.

Sono state osservate almeno due condizioni di probabile incostituzionalità del decreto: la prima riguarda la condizione di urgenza che spinge il Governo a presentare un decreto piuttosto che una proposta di legge; la seconda riguarda la possibilità della revoca della cittadinanza per un cittadino che la abbia acquisita e che commetta un reato grave. E’ evidente che questa possibilità costituisca una gravissima violazione della parità di trattamento con i cittadini italiani di nascita, per i quali non è certamente ipotizzabile la revoca della cittadinanza.

Queste misure, insieme ad altre contenute nel decreto, danno l’impressione di assolvere più che altro a una funzione propagandistica. Molto più gravi sono le misure che il governo intende attuare sulle forme di protezione riconosciute dall’ordinamento in vigore.

Viene infatti abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Attualmente le forme di protezione sono due: la protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria) e protezione umanitaria. La prima discende dalla Convenzione di Ginevra ed è una tipologia di protezione comune a tutta l’area Schengen, la seconda discende dall’applicazione dell’art. 10 della Costituzione italiana, che prevede forme di protezione a stranieri sul nostro territorio ai quali non vengano riconosciute le stesse libertà democratiche nel paese di origine. Gli altri Paesi di area Schengen adottano altre tipologie di permesso di soggiorno per coloro ai quali non venga riconosciuta una protezione internazionale, diverse per ognuno dei Paesi, pertanto la protezione umanitaria non è un “unicum” italiano, ma uno strumento al pari di quelli esistenti in altri Paesi.

Nel nostro Paese, alla data odierna, sono accolte nel sistema di protezione ordinario (SPRAR), circa 36.000 persone, delle quali solo un terzo ha ottenuto un riconoscimento di protezione internazionale, mentre la restante parte ha ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria, o dalla Commissione Territoriale o dalle autorità giudiziarie; la proporzione che si rileva costante negli anni. Tenuto conto, quindi, che circa 70.000 permessi di soggiorno per motivi umanitari sono stati riconosciuti annualmente, ci si rende facilmente conto che diverse centinaia di migliaia di persone, le quali attualmente risiedono regolarmente, lavorano, pagano affitti, utenze e tasse, si ritroverebbero improvvisamente in stato di irregolarità forzata, perdendo il lavoro e tutto ciò che ne consegue. Queste persone e i loro nuclei familiari, per stessa ammissione del Ministro Salvini, non potrebbero essere neppure rimpatriate, con il risultato che ci troveremmo di fronte a una gravissima emergenza sociale che andrebbe a ricadere esclusivamente nelle competenze dei Comuni. Centinaia di migliaia di persone verrebbero consegnate allo sfruttamento in schiavitù nel lavoro dei campi, ad alimentare la popolazione di baraccopoli dove la criminalità organizzata italiana rappresenta l’unico elemento di interlocuzione con la popolazione locale. Un effetto assolutamente contrario a ciò che ci si attenderebbe da un “decreto sicurezza”.

Il permesso per motivi umanitari potrebbe essere riconosciuto soltanto per casi residuali, quali gravi malattie (per il tempo corrispondente alle cure), e per gravi calamità naturali nel Paese di origine, per un periodo di sei mesi.

Il secondo gravissimo motivo di preoccupazione si intravede nelle intenzioni di distruggere il sistema di protezione ordinario, lo SPRAR (oggetto di studio in Europa quale modello virtuoso di accoglienza integrata), che risulterebbe diventare un sistema di accoglienza marginale, in quanto non potrebbe più accogliere i richiedenti asilo e i titolari di protezione umanitaria. Una drastica inversione di tendenza rispetto agli ultimi venti anni in cui si è cercato, da parte di tutti i governi, di costruire un sistema di protezione pubblico e trasparente. Il sistema SPRAR, difatti, è direttamente controllato dai Comuni e impedisce qualsiasi profitto per gli enti gestori, in quanto è un sistema a rendicontazione, cioè vengono rimborsati esclusivamente i costi sostenuti e documentati. Al contrario, il decreto Salvini, mira a un drastico ridimensionamento del sistema SPRAR, per favorire il sistema straordinario privato, il cosiddetto CAS, il quale diventerebbe il principale sistema di accoglienza. Qui andrebbero collocati i richiedenti protezione per tutto il periodo di esame della richiesta, senza alcun servizio volto all’inclusione sociale, senza un concreto servizio di accompagnamento e orientamento legale e ai servizi. Grandissimi numeri concentrati in megastrutture di semidetenzione collocate casualmente sui territori, senza alcun controllo delle amministrazioni locali, in mano a enti gestori che hanno dimostrato in questi quattro anni la permeabilità al malaffare dal sud al nord del nostro Paese, come la cronaca giudiziaria dimostra, e i casi di Mineo e Mafia Capitale ne sono gli esempi più eclatanti.

Ultimo elemento di allarme è l’aspetto occupazionale: si stimano più di diecimila posti di lavoro persi nel sistema SPRAR. Italianissime e spesso giovani professionalità che hanno acquisito altissime specializzazioni (legali, psicologi, assistenti sociali, sociologi, operatori sociali), vedrebbero naufragare anni di lavoro, approfondimento e studio, sacrificati sull’altare della propaganda leghista.

Il risultato dell’approvazione di questo decreto, quindi, non sarà la sicurezza, bensì caos e insicurezza sui territori, forse proprio l’effetto desiderato per poter continuare una proficua campagna elettorale basata sull’ odio, svolta verso una invasione inesistente, stante il numero irrisorio di arrivi dalla seconda metà dello scorso anno.

L’assemblea ha deciso di partecipare alla giornata di mobilitazione nazionale che si svolgerà il prossimo 3 ottobre e si articolerà territorialmente, in preparazione di una mobilitazione nazionale.

A Taranto, in quella data, si svolgerà una assemblea provinciale a cui inviteremo i sindaci, i sindacati, i consiglieri regionali per mostrare le conseguenze dell’approvazione del decreto.

Già da oggi facciamo appello ai parlamentari del Movimento 5 Stelle per realizzare un incontro in cui spiegheremo dettagliatamente le nostre proposte per correggere gli aspetti che risulterebbero più devastanti per i migranti, per il territorio e per le comunità.

Appuntamento il 3 ottobre alle 17 al salone degli stemmi della provincia di Taranto.
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