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Casalesi e clan Cicala, le mani sul mercato dei carburanti: pioggia di arresti

La conferenza stampa di questa mattina La conferenza stampa di questa mattina

Smascherato un traffico milionario sui carburanti, su cui avevano allungato i tentacoli camorra, casalesi e famiglia Cicala, gruppo di spicco della mala tarantina.

Un sistema che aveva acquisito fette di mercato e società per il trasporto e la vendita di carburanti nella rete delle cosiddette "pompe bianche", ovvero quegli impianti che fanno capo a operatori indipendenti.

Tutto è stato scoperto e smantellato da una maxi operazione coordinata dall’Antimafia di Potenza e Lecce. Oltre 410 uomini tra carabinieri e finanzieri hanno arrestato 37 persone (26 in carcere e 11 ai domiciliari) nelle province di Salerno, Napoli, Avellino, Caserta, Cosenza e Taranto, mentre sono 79 gli indagati.

In carcere è finito anche un carabiniere, sospetta gola profonda del clan in cambio di numerose taniche di benzina, poi rivendute a terzi. Già nel 2019, il comando dell'Arma di Salerno, alla notizia riservata di verifiche sul ruolo del militare, lo aveva trasferito altrove.

Sequestrate società e beni per oltre cinquanta milioni di euro. La camorra, infatti, aveva deciso di investire, per il contrabbando di idrocarburi, in un territorio ritenuto poco al centro dell’attenzione mediatica e investigativa: l’area a ridosso tra Campania e Basilicata, il Vallo di Diano.

Grosse quantità di benzina e gasolio erano acquistate per l’agricoltura, dove il carburante è soggetto a prezzi ribassati e IVA al minimo. Tuttavia, erano smistate nella rete delle pompe bianche, controllata dai casalesi, con vendita a prezzi di mercato e guadagni enormi. Stimati in trenta milioni l’anno.

Attrici principali del buisness le società di carburanti del Gruppo Petrullo, che aveva avuto un boom economico notevole. Questa crescita coincideva con l’ingresso in società, attraverso capitali occulti, della famiglia Diana di San Cipriano d’Aversa, nel Casertano.

Sul fronte pugliese, invece, la base dell’organizzazione criminale era a Taranto, dove il clan faceva riferimento a Michele Cicala, già condannato per associazione a delinquere ed estorsione, che aveva legami con la famiglia tarantina dei Catapano - Leone.

Il gruppo di Cicala ha evidenziato, nel tempo, la capacità di trarre profitti milionari dal traffico di carburanti e di reinvestirne in gran parte in altre attività commerciali, anche facendo leva su prestanome e violenza per costringere i reali titolari a cedere le loro attività.

Per eludere i controlli, libretti clonati per il passaggio della benzina e "trucchetto" del colorante. Il carburante, infatti, usciva dai depositi con documenti che attestavano l’uso agricolo. Ma la cosiddetta benzina agricola ha una colorazione diversa rispetto a quella per le normali autovetture.

Gli autisti delle cisterne avevano a disposizione, all'interno dell’abitacolo del camion, una pompa di emergenza. In caso di controllo da parte delle forze dell’ordine veniva iniettato un colorante nella cisterna. In questo modo la benzina risultava più scura e quindi analoga a quella agricola.

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