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Il Sacco di Castellaneta raccontato da Pietro Loglisci

Il maestro Pietro Loglisci Il maestro Pietro Loglisci

Commemorare significa mantenere in comunione di spiriti i morti e i vivi, le generazioni passate e quelle future per ricordare con onore un avvenimento importante.

Oggi Castellaneta commemora il 23 febbraio 1503: il giorno del Sacco di Castellaneta.

Giornata fredda, nonostante questo oggi pomeriggio potrebbe essere l'occasione di una passeggiata nel centro storico per fare probabilmente l'incontro di qualche nostalgico interessato dalla storia di Castellaneta, ma anche per fare una scoperta curiosa e interessante, della quale dirò poco, volendovene riservare l'intera sorpresa.

Arrivati all'altezza del Palazzo Vescovile davanti alla lapide di marmo che ne ricorda succintamente l'avvenimento, entrate nel centro storico e scendete verso sinistra, per arrivare in vico 3° Sacco.

Ci sono tre vichi che portano il nome Sacco: vico 1° Sacco, vico 2° Sacco e vico 3° Sacco. È in vico 3° Sacco che vi invito ad andare, perché è là che vi aspetta la sorpresa.

Come tutti sanno, le targhe sulle quali figurano i nomi delle strade sono poste all'inizio e alla fine di ogni strada, o vicolo. Ed è così anche per vico 3° Sacco: c'è una targa a ogni estremità della viuzza. Ma la lettura di queste due targhe vi riserva una sorpresa!

A parte l'occasione di fare un giretto nel centro storico, chi volesse interessarsi più a fondo sulla questione può recarsi nella biblioteca vescovile e consultare i diversi libri esistenti sul Sacco di Castellaneta, dove troverebbe anche la risposta all'enigma che dovrebbe scaturire dalla lettura delle due targhe del vico 3° Sacco.

Per rimanere concentrati sulla commemorazione odierna, voglio giusto rievocare i fatti più rimarchevoli.

Quello più importante e che rappresentò la causa remota del Sacco di Castellaneta fu l'eccidio di Otranto del 14 agosto 1480.

18mila turchi, con una flotta di 150 navi, erano arrivati nella città più orientale d'Italia con l'intento di islamizzare l'Italia partendo dal sud. Ma davanti al rifiuto degli abitanti di convertirsi all'Islam, il pascià Gedik Ahmet fece tagliare la testa a tutti gli abitanti. Gli 813 martiri, i cui ossami sono ancora visibili nella cattedrale di Otranto, sono stati tutti insieme fatti santi da Papa Francesco nel 2013.

La notizia di una così orribile strage, e sopratutto la paura che i turchi ricominciassero e invadessero tutta la penisola, seminò il panico. Il terrore e l'ansia furono a lungo onnipresenti nel quotidiano dei nostri avi.

Il Papa Sisto IV era stato prestamente allarmato e aveva chiamato a reagire tutte le forze armate della penisola e europee, ma fu vent'anni dopo, il 6 giugno 1501, sotto il papato di Alessandro VI (Rodrigo Borgia) papa spagnolo, grazie a una intesa fra i regnanti francesi e spagnoli, che si addivenne a una presenza delle auspicate forze armate nell'Italia del sud, con lo scopo di fronteggiare una eventuale successiva invasione musulmana e costituire uno scudo in difesa della Cristianità.

Nel corso del mese di aprile 1502, condotto dal Duca de Nemours con il titolo di viceré cioè di rappresentante del re di Francia Luigi XII, arrivò a Castellaneta un presidio di 50 militari francesi comandati dal luogotenente Louis de Saint-Bonnet che a nome di Luigi XII chiese vitto e alloggio agli abitanti, contro promessa di rimborso in monete d'oro.

Per più di 10 mesi, i militari prendevano qua e là tutto ciò di cui avevano bisogno, ma sempre promettendo di pagare più tardi.

Finché un giorno, quattro o cinque fra i cittadini più notabili, non potendone più di vedersi pagati a promessa o con soldi di carta e non con monete d'oro come pattuito, e sapendo che fra le truppe francesi e quelle spagnole c'erano dei disaccordi, andarono a trovare i soldati spagnoli che per lo stesso motivo avevano un presidio dalle parti di Taranto, e chiesero loro di aiutarli a cacciare i francesi.

Secondo le testimonianze dei castellanetani di quel tempo, il 23 febbraio 1503, nel pomeriggio, dopo aver fatto entrare di nascosto i soldati spagnoli "attraverso la porta dalla quale si vede Taranto di fronte", i nostri avi, raggruppati a grosse bande, armati di ramaglie e a gran fracasso, penetrarono negli alloggi dei francesi, si gettarono con forza su di loro, li presero, li legarono e li misero nelle mani dei soldati spagnoli che li portarono nelle prigioni di Barletta.

I castellanetani ignoravano i motivi della presenza di quel contingente armato francese e avevano solo pensato a salvaguardare i loro interessi. Avevano cacciato i francesi senza premeditare che cacciandoli da Castellaneta aprivano la porta alla loro progressiva cacciata da tutta l'Italia. Ma quel che è sicuro è che, analizzata retrospettivamente, la loro eroica vicenda assume un'importanza non solo per la storia di Castellaneta ma anche per la storia d'Italia, perché cacciati poi da Lecce, da Nardò, da Mottola e non solo dalla Puglia, i francesi furono cacciati da tutta l'Italia.

Avevano i castellanetani dell'epoca sentito un'aria di libertà? Non possiamo affermarlo. Quel che è certo è che cacciando i militari francesi, avevano preso dei rischi incalcolabili e furono degli eroi.

Lo scopo della commemorazione odierna consistente a metterli sul piedistallo della gloria, è anche quello di darvi la voglia di conoscere più in dettaglio questa magnifica pagina della storia di Castellaneta.

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