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Digiuno in carcere, protesta congiunta per la riforma Giachetti

Casa Circondariale di Taranto Casa Circondariale di Taranto

Domenica 27 luglio, nel carcere Carmelo Magli di Taranto, detenuti, avvocati e magistrati parteciperanno a una giornata di digiuno a staffetta per chiedere un riesame urgente della proposta di legge Giachetti sulla liberazione anticipata speciale.

L’iniziativa, partita su scala nazionale e promossa dall’avvocata Valentina Alberta e dal sostituto procuratore Stefano Celli, nasce per denunciare le condizioni disumane in cui versano gli istituti penitenziari italiani.

Nel carcere tarantino, dove sono reclusi quasi 1.000 detenuti a fronte di una capienza di 500 posti, la protesta ha assunto un significato ancora più emblematico. La partecipazione dei reclusi si affianca a quella delle toghe, in un fronte comune che punta a smuovere la politica. Alla base della mobilitazione c’è la richiesta di modifica temporanea della legge 354 del 1975, aumentando da 45 a 60 giorni lo sconto di pena per ogni semestre di buona condotta.

«Un giorno di sofferenza in più, un giorno di solidarietà», recita il messaggio che accompagna l’iniziativa. Un segnale simbolico che parte da Taranto, dove le criticità del sistema sono sotto gli occhi di tutti: solo 170 agenti di polizia penitenziaria in servizio su una pianta organica che ne prevederebbe 400. La mancanza di personale, unita al sovraffollamento cronico, rende spesso impossibile garantire perfino l’ora d’aria ai detenuti.

Nel mirino dei promotori anche la mancata applicazione del principio costituzionale della rieducazione della pena, e un sistema penale che – si legge negli appelli – ha perso ogni capacità di reintegro sociale, riducendosi a una macchina punitiva cieca. Il disegno di legge, osteggiato da una parte del centrodestra, resta ancora al vaglio per il nodo dell'affidamento delle istanze ai direttori dei penitenziari oltre che ai giudici di sorveglianza.

Durante la giornata di digiuno, i detenuti parteciperanno anche a una Messa comunitaria, definita «un gesto di preghiera e di speranza perché il Signore illumini i nostri governanti».

A sostegno dell’iniziativa si sono espressi anche i familiari dei reclusi, parlando di una realtà «drammatica e indegna di un Paese civile», mentre aumentano i casi di suicidio e il disagio psichico dietro le sbarre. A Taranto, come altrove, il carcere è diventato «un contenitore al collasso».

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