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Taranto ed ex Ilva: le alternative della Democrazia Cristiana

Ex Ilva Ex Ilva © Vivi

Taranto ed ex Ilva, la Democrazia Cristiana con rotondi avanza una proposta chiara e responsabile.

Lo fa attraverso la sua segretaria provinciale Teresa Errico, di concerto con il gruppo locale guidato dal segretario regionale Aldo D'Onghia.

«Non parlo a nome mio - chiarisce Errico - ma come espressione di una comunità politica che crede ancora nella dignità della persona, nei diritti, nelle opportunità e nella responsabilità collettiva. Troppo spesso, parlando dell’Ilva, si è ridotto tutto a un confronto tra numeri, impianti, strategie industriali. Ma dietro quei numeri ci sono volti, storie, famiglie che hanno vissuto sulla propria pelle i costi sociali, ambientali e umani di un modello produttivo che non può più reggere.

Le recenti dimissioni – poi ritirate – del sindaco Piero Bitetti hanno acceso i riflettori su un malessere profondo. Quel gesto non può essere archiviato in fretta: è il segnale di un disagio istituzionale e politico che merita ascolto. Bitetti ha denunciato un sistema decisionale chiuso, poco trasparente, incapace di coinvolgere davvero i territori. E se poi ha scelto di partecipare al tavolo ministeriale sulla decarbonizzazione, lo ha fatto con lo spirito di rappresentare Taranto, non di avallare un percorso su cui – è evidente – permangono forti criticità.

Ed è qui che come Democrazia Cristiana - aggiunge Errico - sentiamo la responsabilità di dire con chiarezza che un futuro per Taranto è possibile solo se si ha il coraggio di cambiare rotta. Ogni progetto di rilancio dell’ex Ilva deve mettere al centro la salute pubblica, la sicurezza ambientale e la tutela dell’occupazione. Non si può continuare a parlare di sviluppo senza garantire condizioni di vita dignitose. Servono scelte politiche che abbiano coerenza, non slogan vuoti o soluzioni tampone.

Chiediamo, con determinazione, che il Comune, la Provincia e la Regione abbiano un ruolo reale e attivo nei processi decisionali, non una presenza simbolica nei tavoli istituzionali. Chiediamo che ai lavoratori sia garantita una prospettiva: un piano serio di formazione e riconversione che prepari la transizione e assicuri che nessuno venga lasciato indietro. E chiediamo, soprattutto, che la cittadinanza venga coinvolta. Non si possono prendere decisioni sul destino di un’intera comunità senza ascoltarla, senza costruire un confronto vero con comitati, sindacati, realtà civiche.

A oggi - prosegue Errico - l’accordo di programma presentato non offre quelle garanzie di cui Taranto ha bisogno. Non definisce con chiarezza né gli obiettivi ambientali, né quelli industriali. Continua a poggiare su vecchie logiche, senza visione, senza coraggio. E questo, per noi, è inaccettabile. Se davvero si vuole un nuovo inizio, serve un cambio di paradigma: non si può parlare di transizione ecologica continuando a basarsi sul carbone, non si può invocare sviluppo senza giustizia sociale.

Come Democrazia Cristiana, ci assumiamo l’impegno di essere voce costante su questi temi, di costruire una rete politica che sia anche umana, vicina, presente. Non abbiamo ancora organizzato incontri pubblici, è vero, ma questo è l’obiettivo che ci siamo dati per i prossimi mesi: portare il dibattito fuori dalle stanze chiuse, tra la gente, dove si tocca con mano la fatica quotidiana di vivere in un territorio ferito.

Taranto ha già pagato abbastanza. Non può più essere considerata un’area di sacrificio per gli interessi nazionali. Ha diritto a respirare, a lavorare in sicurezza, a crescere con dignità. Questo è il senso della nostra proposta: restituire centralità alla persona, responsabilità alla politica, speranza a un’intera comunità. Senza ambiguità e senza rinvii.

Perché - ha conclude Errico - il bene comune non è un’idea astratta. È la somma concreta dei diritti delle persone, soprattutto di quelle che hanno pagato più di tutti».

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