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Un anno senza Roberto Caprara: il ricordo dell'"Archeogruppo" di Massafra

Roberto Caprara (1930-2018) Roberto Caprara (1930-2018)

Venerdì 1 febbraio alle 18 sarà celebrata una messa in ricordo del primo anniversario della scomparsa di Roberto Caprara.

La funzione sarà officiata nella chiesa di Gesù Bambino di Massafra da don Fernando Balestra che fu battezzato proprio da Roberto Caprara. Ad organizzare l’evento l’Archeogruppo “Espedito Jacovelli” e i tanti amici di Roberto.

Per tale anniversario nel ricordo del grande storico sono stati organizzati alcuni eventi. Dopo la funzione religiosa verranno proiettate, nella sede dell’ associazione in via Ladiana, le immagini delle spedizioni in Cappadocia che hanno visto tra i protagonisti Roberto Caprara.

Il ricordo continua il 15 febbraio con la presentazione del libro postumo di Caprara “La chiesa ipogea di san Posidonio” al Palazzo della Cultura.

Ma chi era Roberto Caprara?

Roberto Caprara, glottologo, archeologo, epigrafista, paleografo e storico di alta levatura. Innumerevoli e di valore inestimabile sono i contributi che Roberto Caprara ha dato agli studi e alle ricerche archeologiche dell'Habitat rupestre in Puglia.

Ha condotto ricerche e studi in Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna, Toscana, Umbria, Provenza, Grecia, Balcani e Cappadocia. Diverse le sue ricerche e attività di scavi archeologici, su incarico di varie Soprintendenze, in diverse regioni italiane, nonché consulenza e progettazione scientifica in circa 50 progetti di censimento, di studio di beni culturali, di riqualificazione ambientale. Dagli anni settanta in poi è stato uno dei riconosciuti innovatori degli studi sui villaggi e le chiese rupestri, la cui cronologia era sin allora appiattita su un indistinto medioevo bizantino.

Roberto Caprara era nato a Massafra il 20 agosto 1930. Aveva frequentato le elementari nella scuola di Piazza Corsica, appena inaugurata, le scuole medie, durante la guerra a Maglie e Gallipoli, il liceo nell’Archita di Taranto, l’Università a Bari, dove si era laureato della linguistica, avendo avuto per maestri Giovanni Nencioni (poi Presidente dell’Accademia della Crusca) e Giovanni Alessio (autore, con Carlo Battisti, del grande “Dizionario Etimologico della Lingua Italiana”). La sua tesi ebbe ad argomento il dialetto massafrese, di cui stabilì il fondo generale latino, dei contributi greci – bizantini e germanici. Il vocabolario del nostro dialetto fu pubblicato nell’Annuario dell’Università di Bari del 1955.

In quegli anni fu protagonista con Paolo Catucci, il fratello Attilio, Gianni Jacovelli, Nicola Andreace, Orazio Santoro ed Espedito Jacovelli della rinascita culturale massafrese sotto l'egida della Proloco, che vide nascere il carnevale, il settembre massafrese e l'Archeogruppo.

Subito dopo la laurea, iniziò la sua carriera d’insegnante nel Liceo Archita, insegnando in seguito anche nel Liceo Tito Livio di Martina Franca e nel Liceo Michelangiolo di Firenze. Dal 1947, insieme a suo fratello Attilio, fu fedele compagno di padre Luigi Abatangelo nelle visite alle chiese rupestri della Provincia e, quando apparve chiaro che padre Luigi era stato colpito da un male che lo avrebbe portato alla morte, abbandonò la linguistica e passò a studiare l’archeologia post-classica, nel Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma e presso l’Istituto di Antichità Bizantine e Ravennati di Ravenna, dell’Università di Bologna. Divenne docente di Archeologia medievale nella Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Sassari.

Dedicatosi professionalmente all’archeologia, soprattutto dopo essersi dimesso dall’insegnamento nel 1983, condusse una ventina di campagne di scavo e di ricerca in Puglia, in Toscana e soprattutto in Sardegna, dove visse per vent’anni.

Legato tenacemente a Massafra e alla Puglia, pur vivendone lontano da oltre quarant’anni, è stato, dagli anni settanta in poi, uno dei riconosciuti innovatori degli studi sui villaggi e le chiese rupestri, la cui cronologia era sin allora appiattita su un indistinto medioevo bizantino. Grazie ai suoi studi oggi sappiamo, ad esempio, che le chiese di San Marco e della Buona Nuova sono anteriori al VII secolo e quella di Santa Marina non più tarda dell’VIII secolo e che, nel Medioevo, nel villaggio di Madonna della Scala non c’era soltanto, come si scriveva normalmente, un’economia agricolo-pastorale, ma vi si svolgeva addirittura un’attività siderurgica. Per questa ragione nella sua vasta bibliografia spiccano monografie su chiese rupestri massafresi, su quelle di Palagianello, di Taranto e Statte, di Castellaneta e della Sardegna, dove, prima del suo arrivo, le chiese rupestri erano completamente ignorate.

La sua è una vasta bibliografia.Tra i suoi ultimi studi, un codice del 1464, il “Quaterno del notaio Antonio Caricello”, che gli consentì di disegnare un inedito profilo della vita economica, sociale, religiosa della comunità massafrese nel Quattrocento; il “Dizionario etimologico e grammatica del dialetto parlato a Massafra e dei dialetti dell'arco jonico delle Gravine” e “La Storia di Massafra. Preistoria, Protostoria, Età Classica. Il millennio 970-1970” (in stampa da una casa editrice inglese). Aveva in preparazione il volume su la “Toponomastica storica di Massafra”, in collaborazione con Giulio Mastrangelo .

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