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Mottola piange don Franco Francavilla

Don Franco Francavilla Don Franco Francavilla

Si è spento nel pomeriggio di oggi don Franco Francavilla, il decano dei sacerdoti mottolesi. Aveva 90 anni ed era ricoverato dal 2019 al centro Osmairm di Laterza.

Ordinato prete il 22 luglio 1962, ha legato il suo nome alla parrocchia di San Giuseppe Lavoratore, simbolo di un quartiere che una volta chiamavano “Case nuove” per distinguerlo dal centro, dove c'erano appunto i condomini e le case più vecchie del paese.

Nel 1964, anno in cui fu inaugurata la chiesa, quel crocicchio di strade intitolate a principi e re brulicava di vita più della metropolitana di Tokyo.

Palloni che rotolavano da tutte le parti, bambini scatenati a caccia di avventure, libertà, azzardi. Mamme apprensive che sedevano con le comari aspettando mariti che arrancavano un po' sbronzi dalla taverna, dove si riprendevano dalle fatiche della campagna.

E don Franco ha rappresentato tutto questo per oltre 50 anni. Anche quando quei bambini sono diventati grandi e quei padri contadini hanno (s)venduto ai nuovi latifondisti per un appartamento in periferia.

Dal pulpito della sua chiesa di tufi e intonaci, don Franco ha formato almeno due generazioni di giovani mottolesi, che hanno udito le sue parole, scandite con voce ferma, far tremare i megafoni e le vetrate.

Tutti - compreso chi scrive -, ricorderanno il sorriso come biglietto da visita e le palpebre strizzate dietro gli immancabili occhiali scuri. Il profilo rotondo e l’incedere morbido da vecchio burocrate. La devozione verso San Pio, Santa Rita e verso la gente di San Giuseppe, per i quali l’addio a don Francavilla sarà impossibile da incassare.

E pensare che i fedeli avevano mal digerito perfino la sua rinuncia al parrocato. Forse anche lui, che non aveva un carattere sempre facile (a volte era un po' burbero, un uomo tutto di un pezzo) sarebbe rimasto qualche anno in più.

È andata diversamente, pazienza. Dopo un valzer che sembrava non avere fine, oggi al timone della parrocchia c’è don Dino Mellone e i fedeli si sentono finalmente in buone mani.

«Una persona dal carattere forte ma al tempo stesso sensibile, buona, di cuore, senza una doppia faccia», così lo definisce l'attuale parroco.

Questo senza dimenticare il contributo fattivo e tangibile alla vita cittadina: la sede Avis e il gruppo scout Agesci, da lui fondate, sono ancora oggi tra le realtà mottolesi più vivaci e interessanti. Oltre alle feste religiose di San Giuseppe e San Pio, appuntamenti molto amati dalla popolazione locale.

Insomma, una perdita che rappresenta alfa e omega di un uomo, un prete e un intero quartiere, che domani, per paradosso, lo saluterà in una chiesa diversa da quella di via Cadorna, dove è in corso una maxi ristrutturazione.

Si sa, per il suo monsignore la parrocchia farebbe questo e altro. Come per dire “se proprio dobbiamo dirci addio, almeno facciamolo guardandoci negli occhi”. Ma la morte non è prevista dai calendari, arriva quando le pare, anche al costo di mancare l'ultimo appuntamento col suo pastore.

Così la camera ardente sarà allestita dove tutto ha avuto inizio, vale a dire la chiesa del Carmine, tempio in cui don Franco ha preso i voti, prima del funerale in chiesa madre, i cui orari sono ancora da definire.

E quindi addio, don Franco. Gli sia lieve la terra che ha tanto amato e che lascia per un posto migliore. Ma sì che gli sarà lieve. Deve.

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