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STRAGE DI PALAGIANO: I SICARI FORSE DA FUORI, IL MANDANTE ERA L’AMANTE DELLA DONNA UCCISA

STRAGE DI PALAGIANO: I SICARI FORSE DA FUORI, IL MANDANTE ERA L’AMANTE DELLA DONNA UCCISA STRAGE DI PALAGIANO: I SICARI FORSE DA FUORI, IL MANDANTE ERA L’AMANTE DELLA DONNA UCCISA | © Massafra

I particolari dell’inchiesta nella conferenza stampa in Prefettura a Taranto



Ordinò la strage per punire il suo rivale, anche compagno della sua amante, madre di un bimbo di soli 2 anni e mezzo. Le indagini di Carabinieri, Procura di Taranto e Procura Distrettuale Antimafia di Lecce hanno portato all'identificazione del presunto mandante della strage, avvenuta la sera del 17 marzo dello scorso anno a Palagiano. Si tratta di Giovanni Di Napoli, 62 anni, detto 'Nino', pluripregiudicato per mafia: fu lui, secondo le accuse, a ordinare il massacro per un regolamento di conti dovuto a una serie di contrasti personali con Cosimo Orlando.

La Procura distrettuale antimafia di Lecce aveva chiesto nel novembre scorso l'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Di Napoli, ma il provvedimento restrittivo è stato però firmato solo nei giorni scorsi dal gip di Lecce Giovanni Gallo ed eseguito questa mattina, a un anno esatto dal triplice omicidio. Una seconda richiesta di arresto era stata avanzata nei confronti di un'altra persona, che aveva la disponibilità delle chiavi di una delle due autovetture usate per l'agguato, ma è stata rigettata dal gip.

I particolari dell'inchiesta sono stati illustrati nella prefettura di Taranto alla presenza del prefetto, Umberto Guidato, del procuratore nazionale antimafia aggiunto Sergio Mandoi, del procuratore della Dda di Lecce Cataldo Motta, del procuratore di Taranto, Franco Sebastio, dei sostituti Alessio Coccioli e Remo Epifani, del generale Claudio Vincelli, comandante della Legione Puglia carabinieri, del questore, Enzo Mangini e del comandante provinciale dei carabinieri, Daniele Sirimarco.

Carla Maria Fornari, è emerso nel corso delle indagini, aveva una relazione con l'arrestato. Lo ha svelato il procuratore Motta illustrando i particolari dell'inchiesta. "La convivente di Cosimo Orlando - ha detto Motta - aveva avuto una relazione con Giovanni Di Napoli quando era minorenne. Relazione ripresa fino ai giorni nostri. La donna era agevolata dal fatto che alle 10 di sera il convivente doveva tornare in carcere perché era detenuto in semilibertà e poteva avere rapporti con chi volesse". I carabinieri hanno acquisito tabulati telefonici relativi all'utenza della donna, che hanno documentato 2.500 telefonate tra la Fornari e Di Napoli, con una media di 20 chiamate al giorno. "Questo - ha sottolineato il procuratore - è indicativo di un rapporto che non fosse di semplice amicizia". La donna era sicuramente uno degli obiettivi dell'agguato. Il magistrato ha fatto presente che suo marito, Domenico Petruzzelli, era stato ucciso nel 2011 insieme con Domenico Attorre. Nel processo di primo grado erano stati condannati i responsabili di questo episodio e "la Fornaro - ha detto Motta - aveva deposto fornendo indicazioni sugli autori dell'omicidio, che poi erano stato condannati. Poteva essere considerata una mina vagante e c'era probabilmente l'esigenza che venisse eliminata anche lei".

Il triplice omicidio ha avuto, infatti, secondo il procuratore Motta, "un insieme di motivazioni, in primo luogo tra Di Napoli e Cosimo Orlando i rapporti si erano notevolmente deteriorati: i due facevano riferimento allo stesso clan, quello dei “Putignano”, attivo nell'area occidentale di Taranto. Di Napoli aveva una posizione sovraordinata e Orlando più volte si era lamentato anche pubblicamente che l'organizzazione durante la sua detenzione in carcere non gli aveva garantito adeguata assistenza finanziaria". Il contrasto aveva visto lo stesso Orlando affrontare Di Napoli anche in pubblico, tra l'altro l'avrebbe schiaffeggiato in un bar a Palagiano chiamandolo infame, in particolare il giorno prima della strage Orlando con una mazza aveva colpito carrozzeria e parabrezza della Bmw del Di Napoli. "Questo episodio - ha precisato ancora il procuratore Motta - potrebbe essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso".

"Non accade sempre che si giunga a quello che noi riteniamo essere il mandante prima ancora di rintracciare gli esecutori materiali" ha aggiunto il magistrato non escludendo la possibilità che il commando "che ha sparato un impressionante volume di fuoco sulla vettura sulla quale erano Orlando e la convivente, sia venuto da fuori della provincia di Taranto". Al Di Napoli, ha sottolineato ancora Motta, "si è giunti sulla base di un lungo lavoro di indagine". In particolare, Di Napoli avrebbe prima raccontato a una ragazza e, poi, anche alla moglie, (confessioni oggetto di intercettazioni) di essere stato il mandante. Le registrazioni ambientali hanno permesso di captare delle dichiarazioni del Di Napoli che in una occasione, all'interno di un bar, sussurrava a una ragazza: "ma non hai capito che lì sono stato io", con riferimento alla strage. E nell'ottobre dello scorso anno, parlando con la moglie, Di Napoli "ammette la stessa cosa - ha osservato Motta - e fa riferimento alla impossibilità che ci sia qualcuno a controllarlo, al fatto che possa prendere ordini da nessuno". "Una volta - dice - c'era mio padre che poteva darmele, ora uno ci ha provato e non c'è più". E' chiaro - secondo gli investigatori - "che alludesse ad Orlando".

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