
Ogni città presenta determinate peculiarità e specifiche caratteristiche, dalle sue strade ai suoi monumenti, fino alla varietà economica e sociale della gente che la abita. Ma quello di Napoli è un caso particolare. Un caso raccontato da Franco Di Mare nell'evento tenutosi al Perrone nel tardo pomeriggio del 25 Gennaio, nel quale ha avuto modo di presentare il suo libro "Il paradiso dei diavoli".
Un titolo, questo, che di per sé contiene una contraddizione: Napoli, infatti, che è il nucleo fondante dell'opera, è un capoluogo che racchiude numerosissime dissonanze. E a questo punto c'è da chiedersi: dove sta, allora, la particolarità? Ebbene, c'è di speciale che, a Napoli, i poli completamente opposti del criminale e del cittadino per bene, del nobile e dello straccione coincidono e convivono, crescendo da sempre assieme.
Di Mare è appunto un napoletano che ha scelto di parlare qui a Castellaneta, che è per altro il luogo dove ha avviato la sua carriera da giornalista, della situazione di questo "paradiso dei diavoli", un così bello ma così costretto alla dannazione. Ne ha parlato in maniera concisa e diretta, introducendo il monologo da solo per poi farsi accompagnare da un suggestivo video-clip con scorci di Napoli e interviste a vari sociologi; ha argomentato su quanto fosse curioso, ad esempio, il fenomeno della centralità della periferia nella città, e, attraverso il video prima menzionato con le annesse interviste, ha spiegato di quanto nociva e allo stesso tempo meravigliosa (altro ossimoro) sia questa dualità che scinde e unisce i napoletani, di quanto pericoloso sia cristallizzarla in quanto provoca il conflitto tra poveri e ricchi e, di conseguenza, lo sguazzare dei malviventi in questo clima.
Così accade che questo dualismo sia connaturato in ogni cosa, sia nella magnificenza ma anche nella minaccia del Vesuvio, che nell'identificare Napoli come una città dove si svolge lo scontro metafisico tra il Bene e il Male ontologici.
E qui si tocca il secondo punto, altrettanto interessante e fondamentale, dell'incontro di ieri: la questione della legalità e dell'indifferenza. Anche il video che ha accompagnato l'autore, in effetti, è bipartito in queste due componenti, e nella seconda parte di esso, si può godere dell'esibizione di alcuni attori nella quale interpretano dei personaggi del libro (un giornalista, Marco De Matteo, un ex-professore camorrista, Carmine Cacciapuoti, Nicola Camèl, un boss camorrista, Lena Russo, insegnante di filosofia e compagna di Carmine, Luisa Cirillo, fidanzata di Camèl) con storie intrecciate tra di loro. Per mezzo di questa loro prestazione attoriale e del suo significato, Di Mare afferma con forza la teoria, più che corretta, che per arrivare finalmente a vivere in un posto migliore bisogna smettere di abbracciare l'indifferenza e la troppa tolleranza verso il crimine, che anche l'infrazione della più piccola norma può contribuire ad ampliare questa mentalità lasciva e devastante che nutre la genia dei malviventi da sempre.
Con "Il paradiso dei diavoli", romanzo che "non ha nessuna intenzione di fare analisi", come ha detto lui stesso, ma che si limita a raccontare una realtà attraverso varie storie concatenate, Franco Di Mare ha usufruito dell'esempio di Napoli per far capire ai moltissimi adolescenti presenti l'importanza di una corretta condotta di vita all'insegna della Moralità, quella con la M maiuscola, per essere in grado di resistere, attraverso l'impegno e lo studio costante, alla pesante avanzata del Male e per risollevare le sorti di questa e di molte altre città che, proprio come la Gotham di Batman, sono così corrotte ma così belle e meritevoli di salvezza.
Vanni Spinelli
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