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LE ‘LINGUE MORTE’ SONO VIVE E VEGETE!

LE ‘LINGUE MORTE’ SONO VIVE E VEGETE! LE ‘LINGUE MORTE’ SONO VIVE E VEGETE! | © Castellaneta

In questi piovosi giorni settembrini sono ricominciate le lezioni scolastiche. C’è un gran subbuglio nella scuola italiana. Ma anche fuori della scuola non ci si rilassa. Molti hanno scoperto che il Classico ha cambiato volto, lo Scientifico è diventato più “leggero”, gli istituti Tecnici hanno perso appeal e i Professionali sono alle prese con un’emorragia di studenti che sembra inarrestabile.



Infatti negli ultimi anni sono state riviste strutture scolastiche e materie d’insegnamento. Ad esempio la geografia è più o meno scomparsa e le ore di storia sono state quasi azzerate. Ma il vero choc è la morte del Ginnasio nonché la possibilità di evitare il latino allo Scientifico! Tant’è che nei nuovi programmi e negli attuali piani di studio sono previste diverse opzioni tra cui l’eliminazione delle temutissime “lingue morte” a favore di matematica, fisica, chimica e inglese. E sono proprio queste novità che suscitano grandi dibattiti sull’utilità del latino e del greco.

Una lingua morta è una lingua che non si usa più, cioè non si parla più. E in effetti il latino e il greco non si parlano più. Oggi il latino sopravvive solo come lingua ufficiale della Chiesa cattolica, sonnecchia nel linguaggio giuridico e agonizza nelle prescrizioni mediche. Mentre il greco moderno ricorda solo lontanamente l’antico. Per cui la lingua di Cicerone, Tacito e Seneca o quella di Eschilo, Sofocle ed Euripide sono diventate delle reliquie o addirittura un’ingombrante rovina.

«Eppure – dice il professor Nicola Gardini (“un cervello in fuga” che insegna latino a Oxford) – il latino è lo strumento espressivo che è servito e serve a fare di noi quelli che siamo. In latino, un pensatore rigoroso e tragicamente lucido come Lucrezio ha analizzato la materia del mondo; i poeti Catullo e Properzio hanno raccontato l’amore e il sentimento con una vertiginosa varietà di registri; Giulio Cesare ha affermato la capacità dell’uomo di modificare la realtà con la disciplina della ragione; in latino è stato composto l’Eneide di Virgilio, senza il quale guarderemmo al mondo e alla nostra storia di uomini in modo diverso.»

Dunque il latino e il greco sono l’espressione di civiltà che non sono mai terminate, perché giungono fino a noi e delle quali siamo parte anche quando non lo sappiamo. Anche senza avere conoscenze grammaticali credo si capisca come queste lingue siano tuttora in grado di dare un senso alla nostra identità con la forza che solo le cose inutili sanno meravigliosamente esprimere.
Quindi la domanda è: a che servono il latino e il greco? La mia personale risposta è: la conoscenza del latino e del greco permette di apprezzare maggiormente molti aspetti della realtà, che solo lo studio e l’esperienza possono testimoniarlo a ciascuno.

Ad esempio, in latino la struttura dei periodi e la contestualizzazione del suo lessico consentono di abbracciare una visione d’insieme coesa e completa. Analogamente il greco antico, lingua scarna, rude e allo stesso tempo lirica, sfida a singolar tenzone chi lo studia. Il suo vocabolario è essenziale, oggi diremmo “minimal”, ovvero molti lemmi contemplano più significati, per cui sta allo studente scegliere il più adatto al contesto. Pensiamo al termine pàthos che vuol dire ‘passione’, ‘emozione’ ma anche ‘malattia’ oppure a pharmakòs che vuol dire ‘medicinale’, ‘rimedio’ ma anche ‘veleno’!

L’esercizio continuo, questa ginnastica della mente sviluppa elasticità di atteggiamenti e soluzioni, consolida una capacità di analisi approfondita e meticolosa, viatico salvifico per l’acribia e promuove altresì rigore e senso critico, ingredienti indispensabili per sostenere un ragionamento. Oltre a consentirci di esprimerci meglio in italiano.

Da sempre i più agguerriti difensori del latino e del greco hanno addotto la motivazione che “lo studio di una lingua antica e morta insegna a ragionare e sviluppa la logica”. È chiaro che questa tesi non regge e i ragazzi comprendono bene l’inadeguatezza della risposta.

Allora perché non imparare a ragionare con altri metodi meno faticosi e più allettanti? D’altronde anche la Settimana Enigmistica può insegnare a ragionare; anche la filosofia o una dimostrazione matematica, un testo di narrativa o una poesia, un dipinto o una scultura, un brano musicale. Perché dunque faticare così tanto sul latino e/o sul greco?

L’esperienza insegna che il latino e il greco spalancano la comprensione del presente come epoca che è figlia di un passato. La nostra tradizione occidentale ha le sue radici nella cultura greca, in quella romana e in quella cristiana. Il ragionamento, la filosofia e il gusto della bellezza sono in gran parte eredità lasciataci dai Greci. Il diritto, il sistema amministrativo e il senso dell’unità dello Stato provengono dai Romani. Poi l’avvento del Cristianesimo ha introdotto una nuova concezione della persona, della civiltà e della società.

Quindi studiare la civiltà, la letteratura e la lingua latina e greca significa conoscere le proprie radici. È un po’ come conoscere meglio un genitore o un antenato. Permette di cogliere ciò che accomuna l’uomo di oggi all’uomo antico e, nel contempo, introduce alla comprensione del cambiamento avvenuto nei secoli.

Ancora, la conoscenza delle lingue morte illumina il linguaggio e le parole. La lingua e la parola raccontano la storia di una civiltà, dell’evoluzione umana, della cultura di un popolo.
Inoltre dai Latini, così come dai Greci, noi deriviamo la retorica, che insegna a scrivere bene, a parlare bene, a persuadere. Saper parlare bene e saper scrivere bene sono due competenze trasversali fondamentali, così come il saper ragionare e il saper giudicare.

Quindi si comprende come la cosa più bella è che un’altra persona possa essere affascinata da quella bellezza. È dunque questo fascino, questa passione, questo entusiasmo per qualcosa che ci ha preceduto, che è più grande di noi genera la vera motivazione che può portare un ragazzo a studiare le lingue morte.

E poi avete mai provato a vedere quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini e greci ? Proviamo a farlo e vedrete, con stupore, che pur non conoscendo bene - o per nulla - il latino o il greco, è possibile con la massima disinvoltura far uso dei cosiddetti latinismi o grecismi.

Del latino usiamo ancora dire: ‘ad libitum’, ‘ad honorem’, ‘honoris causa’, ‘mea culpa’, ‘pro memoria’, ‘ex aequo’, ‘pro capite’, ‘memorandum’, ‘per os’, ‘ad maiora’, ‘a posteriori’, ‘inter nos’, ‘sui generis’, ‘factotum’, ‘ad hoc’, ‘ad maiora’,‘alter ego’, ‘agenda’, ‘una tantum’. Oppure dal greco abbiamo derivato: ‘enciclopedia’, ‘acustica’, ‘aritmetica’, ‘geometria’, ‘iperbole’, ‘democrazia’, ‘eufemismo’, ‘antologia’, ‘tiranno’, ‘stratega’, ‘asteroide’, ‘analgesico’, ‘apostolo’, ‘battesimo’, ‘eucarestia’, ‘cripta’, ‘chiesa’, ‘politica’, ‘ostetrica’, ‘delfino’, ‘cefalo’, ‘anfibio’, ‘rinoceronte’, ‘basilico’, ‘calligrafia’, ‘paradigma’, ‘pragmatico’, ‘filosofia’, ‘abisso’, ‘acropoli’, ‘monarchia’, ‘chirurgia’, ‘anestesia’, ‘tiroide’, ‘pancreas’, ‘adenoma’, ‘pneumatico’, ‘sifone’, ‘barbaro’. E ci sono anche parole del nostro dialetto come ‘vastaso’, ‘rummato’ ...e potremmo andare ancora avanti!

Sembra un paradosso, ma il latino e il greco sono richiestissimi e studiatissimi in Gran Bretagna, in Germania e negli USA, mentre in Italia c’è qualcuno che per esse ha iniziato una lunga ed inesorabile procedura di apoptosi, cioè di ‘morte programmata’. Chi le vuole eliminare sta sferrando un attacco responsabile e mirato, argomentato da critiche assurde tipiche di chi ignora e non sa capire l’importanza di due lingue che servono come serve conoscere le leggi della termodinamica, la riproduzione degli animali, la lievitazione del pane o la fermentazione del mosto, i buchi neri o i teoremi di Fermat e il calcolo infinitesimale.
Eva Cantarella ha detto: «Le lingue che non parliamo più, ancora ci parlano per capire chi siamo.»

Aggiungo: è innegabile la difficoltà del loro studio, ma è la difficoltà in sé e non il latino o il greco che insegna a stare al mondo. Pertanto il latino e il greco saranno pure delle lingue morte, ma sono vive e vegete!

Cosimo Putignano

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