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Storie del Mito: Castellaneta e il suo monumento (terza parte)

Film Mondo Cane: la sera dell'inaugurazione del monumento Film Mondo Cane: la sera dell'inaugurazione del monumento © Mondo Cane 1962 (Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara, Franco Prosperi)

Il monumento a Rodolfo Valentino, inaugurato il 30 settembre 1961, ha lasciato nella memoria dei cittadini più anziani molti ricordi. Ma è stato anche protagonista di un evento mediatico internazionale.

L’anno successivo alla sua inaugurazione infatti, nel 1962, usciva sugli schermi cinematografici italiani, non senza destare scalpore, il film «Mondo cane» dei registi Jacopetti-Prosperi-Cavara. Una vera rivoluzione cinematografica che puntava sul documentario, facendo leva su argomenti scioccanti e grotteschi, spesso duri e talvolta crudeli. Ma nonostante la crudezza degli argomenti il film ebbe grande successo internazionale, inaugurò un nuovo genere, i «mondo movie», che nelle intenzioni degli ideatori, dovevano rappresentare, con un realismo a volte spettacolarizzato, l’amarezza della vita.

Il film inizia con un reportage sulla cerimonia di inaugurazione del monumento a Rodolfo Valentino che era stato voluto a Castellaneta da un amministratore del tempo, sindaco del paese ma anche parlamentare e sottosegretario per il turismo e lo spettacolo.

«Siamo qui a festeggiare uno dei tanti figli che questa terra generosa ha dato al mondo della cultura e dell’arte» sono le prime parole del discorso di inaugurazione dell’on. Semeraro, la sera del 30 settembre, in un’affollata manifestazione seguita dalle telecamere dei cineoperatori dell’epoca.

Nel film le scene che si susseguono mostrano i volti della folla partecipante, insistendo sulla mimica facciale di comparse ingaggiate a bella posta a rappresentare la gioventù castellanetana. Nei volti di quegli attori, secondo le intenzioni del regista così come suggerisce anche il commento della voce fuori campo «non è difficile cogliere qualche valido tratto di somiglianza con il fatale Rodolfo che fece tremare d’amore le donne di mezzo mondo. Perché - continuava l’irritante commento - a Castellaneta la comunità è formata da poche famiglie tutte imparentate tra loro, molto sangue Guglielmi scorre quindi tra questa folla dove si contano a dozzine i parenti prossimi e lontani del grande attore scomparso».

Niente di più falso dal momento che il paese allora contava ben quindicimila abitanti, le famiglie non erano imparentate tra loro e nessuno aveva a che fare con la discendenza Gugliemi. Semplicemente perché il padre, dott. Giovanni Guglielmi di professione veterinario, apparteneva a una famiglia di Martina Franca e, venuto per lavoro a Castellaneta, aveva incontrato e sposato Marie Gabrielle Barbin, di origine francese. Ma poi, nel 1904, si era trasferito per lavoro, con sua moglie e i suoi tre figli a Taranto, dove due anni dopo morì prematuramente.

Nel tentativo di dimostrare l’insensatezza di una celebrazione effimera, la voce fuori campo continuava la fuorviante rappresentazione della gioventù locale cresciuta - così diceva - nel mito di una carriera cinematografica. «Le notti di Castellaneta - concludeva il commento - più che di messi mature odorano di brillantina e i giovani sognano cullati e rapiti dal dolce ritmo del tango».

Non si sa quanto quella forzata rappresentazione cinematografica piacque agli spettatori. Sappiamo solo quanta indignazione determinò nei cittadini castellanetani e soprattutto nella generazione più giovane che in quegli anni, i fatidici anni ’60, faceva gli stessi sogni e si misurava con gli stessi problemi degli altri coetanei italiani. Non brillantina e tango ma solo il desiderio di emancipazione, pur nella consapevolezza della mentalità ristretta della provincia meridionale che aveva l’agricoltura come fattore economico esclusivo. Intanto quel monumento non c’è più.

CASTELLANETA E IL SUO MONUMENTO (A PUNTATE)
Rileggi la prima parte: Destino di un monumento
Rileggi la seconda parte: "Un'opera di qualità

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