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150 anni fa moriva l’ultimo feudatario di Massafra

Castello di Massafra Castello di Massafra

La notte del 15 maggio 1869, all’età di 65 anni, moriva nella sua dimora, il Castello di Massafra, don Michelangelo Zuccaretti.

Discendente di una nobile famiglia di origini napoletane, era figlio di Cataldo Zuccaretti, facoltoso banchiere tarantino, e di Eleonora Delli Ponti.

Rimase orfano ancora in fasce, poiché suo padre fu assassinato nel suo palazzo nella zona bene di Taranto vecchia, saccheggiato dai ladri durante un tumulto. Divenuto adulto, Michelangelo volle tornare da Napoli, dove la madre si era trasferita, al paese di origine. Ricchissimo, nel 1817 si stabilì nel Castello di Massafra che il padre Cataldo aveva acquistato nel 1791, all’asta dopo scomparsa degli Imperiali che avevano amministrato il feudo della Terra di Massafra fino al 1782.

In quella dimora don Michelangelo visse vita solitaria, accumulando favolose ricchezze. Tentò anche di sposarsi, chiedendo in moglie una De Notaristefani, ma il matrimonio non si realizzò.

Morì dopo una lunga agonia lasciando una immensa fortuna, senza ascendenti né discendenti.

Alla sua morte una folla di massafresi saccheggiò per due giorni la sua ricca dimora. Il Castello venne poi chiuso dall’autorità giudiziaria per le conseguenti e prevedibili liti testamentarie.

Don Michelangelo aveva infatti lasciato due testamenti, uno datato 15 maggio 1829 nel quale lasciava tutti i suoi beni ai Gesuiti, il secondo dell’8 maggio 1847 con il quale revocava il primo e nominava erede l’Arciconfraternita dell’Ospedale dei Pellegrini e Convalescenti di Napoli.

Pur non essendo massafrese, aveva stabilito di beneficiare la sua patria di elezione legando al Comune di Massafra 20mila ducati “qualora si facesse la nuova Chiesa matrice”. Inoltre, delegava il suo erede a istituire “in Massafra un monte di pegni di Ducati Ventimila per mobili e stabili, esigendo l’annuo interesse del cinque per cento e che lo stesso dia alla beneficenza di Massafra Ducati Duecento l’anno.”

Ancora, don Michelangelo legava alle Monache della Carità “la masseria dell’Amendolecchia con le Mazzarelle e Paludi alla Macchia per aprire una casa di Orfane in Massafra.” E alla Compagnia di Gesù, ossia ai Gesuiti, legava “Ventimila Ducati per aprire una casa in Massafra .”

Di tutto ciò, nonostante la volontà del testatore, a Massafra andò ben poco. Le pretese degli eredi legittimi, i provvedimenti dell’autorità giudiziaria e di quella governativa, gli eventi politici e l’avidità di alcuni concittadini ridussero il lascito al nulla o quasi.

I 20.000 ducati per la Chiesa Matrice si ridussero a 3.333, che acquietarono in parte gli appaltatori della “Chiesa Nuova”. I 20.000 ducati per il Monte dei Pegni scesero a poche migliaia, insufficienti per sostenere la minuscola Banca Agraria.

Unica sua memoria, una lapide su una parete di un umile chiesetta dedicata a S. Maria della Croce, nella masseria Patemisco, pertinenza del Castello, in cui volle giacere per sempre, lapide in latino che recita:

Solo questo sepolcro mi sopravvive

Né altro desidero che riposare qui dove bramo che la tromba del Giudizio mi chiami

Chiunque tu sia cui la morte decretò appartenere questo podere

La volontà di Michele Zuccaretti sia per te suprema legge che questo monumento non segua l’eredità.

Tratto da pubblicazioni di Raffaele Grippa, Roberto Caprara e Cosimo Mottolese.

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