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Furto al santuario di Massafra e il gesto di alcuni volontari: «Proteggeremo questo luogo sacro»

Lo scorso 22 maggio la chiesa della Madonna di tutte le Grazie, una delle più antiche di Massafra, è stata oggetto di furto.

Gli autori sono entrati nella chiesa rubando cavi elettrici, alcuni quadri della Via Crucis, suppellettili varie e devastando il luogo sacro (clicca qui per rileggere la notizia).

Nei giorni scorsi, grazie a dei volontari dell'Archeogruppo "Espedito Jacovelli" e della chiesa di Gesù Bambino, sono state spostate statue e quadri dal santuario mariano dedicato alla Madonna di tutte le Grazie alla chiesa di Gesù Bambino.

Riportiamo qui di seguito una riflessione di una dei volontari, Emanuela Marino.

"Esistono posti, la cui identità rimane conservata solo nei ricordi dei più grandi, o in qualche libro della biblioteca ubicata nel castello medievale, scrigno di innumerevoli testimonianze storiche, accessibile a tutti. Esistono persone che di questa città hanno conosciuto tutto: dagli anfratti rocciosi delle gravine, allo zenith delle contrade più a nord da dove è possibile scorgere il golfo di Taranto in tutta la sua magnifica bellezza.

Esiste infine un posto, visibile dalla trafficata statale, che strizza l’occhio soltanto ai curiosi capaci di incrociare il suo sguardo, incastonato alle pendici del rione Gesù Bambino. Si tratta di un santuario, una piccola perla tardobarocca, che spicca nella sua semplicità quasi come una colonna portante del rione. La facciata è ornata da tre loggette che avrebbero ospitato statue di santi, e ciascuna mostra delle conchiglie in bassorilievo nella cupoletta semisferica. È il santuario dedicato alla Madonna di tutte le Grazie, accessibile sia attraverso ad una ripida scalinata ad esso adiacente, sia attraverso un viale collegato a quello snodo di arterie della zona, che si svolge verso le contrade ad est e verso il centro storico ad ovest.

Qualche giorno fa, nella notte, una qualcuno ha fatto breccia nell'antico battistero di pietra, posto fra una stanza adiacente alla sagrestia e quest’ultima, al fine di creare un passaggio che avrebbe dato accesso alla chiesa rompendo le centenarie mura e, curiosamente, sena riuscire a danneggiare la lapide commemorativa sottostante, appoggiata ad una pesante edicola votiva. Chi si è introdotto nel luogo sacro lo ha fatto senza scrupolo alcuno, rovistando fra gli arredi e danneggiandoli.

Quando la “squadra dei soccorsi” è arrivata sul luogo del misfatto, oltre all’eco della solitudine di quel luogo, era possibile udire scricchiolare sotto le scarpe, i vetri del lampadario vandalizzato, che giacevano sul pavimento di quell’unica navata dominata dall’altare maggiore. A colpo d’occhio quell’altare in pietra, sembra fatto di marmi intarsiati, alla maniera napoletana, consuetudine nella seconda metà del XVII secolo, ma se lo si guarda più da vicino ci si accorge che il suo abaco è un assemblaggio di rilievi scolpiti e minuziosamente dipinti in oro, azzurro, bianco, verde e marrone.

Al centro, vi è splendido quadro della Vergine dai lineamenti delicati e dallo sguardo celeste, che in tenera posa mostra con affetto materno il Bambino Gesù verso i fedeli. Questa iconografia, più matura e meno austera rispetto a quelle rupestri, è largamente diffusa qui nell’arco ionico, seconda casa dei bizantini e di tutti i fedeli che da lì si recavano in pellegrinaggio presso il santuario. L’affresco venne rinvenuto da una pastorella che trovò una delle sue mucche inginocchiata davanti ai resti della chiesa rupestre di Sant’Eustachio, o come vuole una seconda versione della vicenda documentata dagli archivi storici, che la Vergine sia apparsa in sogno alla pastorella, chiedendo che in quella valle fosse edificato per Lei un luogo sacro. La bellezza di questo però, non è bastata a dissuadere i vandali dal deturparlo, che né gli stessi bizantini, né il vescovo Tommaso D’Aquino che fu dedito al Santuario e lì decise di far riposare i suoi resti, né i fedeli che per tre secoli si sono recati in pellegrinaggio, avrebbero immaginato che qualche secolo dopo sarebbe stato abbandonato, preda dei colombi che l’avrebbero adibito a voliera e peggio ancora, di coloro che non hanno idea di cosa la bellezza sia.

Così, è stato deciso di proteggere il luogo sacro da ulteriori offensive, riparando quella ferita nel battistero e portando via ciò che era possibile spostare in una dimora al momento più sicura: i quadri del Battesimo di Gesù, di San Luigi Gonzaga e San Gaetano che ornavano tre dei quattro altari disposti in coppia su ciascun lato della navata, le pietre reliquiari ivi alloggiate e le stazioni della via crucis.

Restano lì l’antico affresco della Vergine, le statue sull’altare di San Giuseppe e San Giovanni e i gruppi scultorei in legno che non è stato possibile rimuovere a causa dei tarli. La rimozione di ciascuno di quegli elementi che ornavano la chiesa è così analoga alla “deposizione del Cristo” dalla Croce, che viene di confidare in un miracolo, in una “risurrezione” del Santuario. Se ci si sofferma un attimo a pensare all’importanza che quel luogo ha avuto per tutte le persone che lì hanno lasciato un pezzo della propria vita spirituale, è triste pensare che il vorticare dell’era moderna implichi il rischio che storie e luoghi cadano nel dimenticatoio, vittime di un totale abbandono.

La bellezza dovrebbe essere preservata, custodita, ammirata. Benchè quell’incursione abbia causato dei danni, ha comunque dato uno scossone ad un pezzo di storia che silenzioso stava scomparendo sotto gli occhi di tutti. Ciò non vuol dire che la chiesa è salva, tutt’altro, è ben lungi da imminenti opere di restauro o fuori dal mirino di eventuali benefattori che vogliano finanziarle. Ma un passo è stato fatto, si spera soltanto, nella direzione di una rinascita."

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