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CastStory: Un interessante dipinto confraternale

CastStory: Un interessante dipinto confraternale CastStory: Un interessante dipinto confraternale | © n.c.

La chiesa di santa Maria del Rifugio un tempo era intitolata a santa Maria della Misericordia ed era sede dell’omonima Confraternita costituita nel 1542.

La Confraternita, oltre ad occuparsi della chiesa stessa e delle numerose celebrazioni liturgiche, aveva l’obbligo di curare la gestione dell’unico ospedale, alloggiato allora in una grande stanza dalla parte opposta della strada, non molto distante. La scelta di servizio dei confratelli consisteva nel provvedere ai bisogni degli ammalati “somministrandoli cibo, letto, servitù, medici, medicamenti e quanto occorre, con la carità possibile senza risparmio di spese”. Inoltre i poveri infermi che terminavano la loro esistenza nell’ospedale, maturavano il diritto di sepoltura nella chiesa stessa con tutti gli onori funebri.

Quando nei primi decenni del ‘600 fu fondato il Monastero delle monache di clausura detto del Rifugio (regola francescana) e costruito in continuità, la chiesa fu concessa in uso anche alle monache.

Un decennio più tardi la chiesa fu sottoposta ad una grande ristrutturazione, variandone l’orientamento per consentire l’affaccio sulla strada principale (l’attuale via Vittorio Emanuele) ma soprattutto per realizzare, al primo piano, un coro protetto da gelosie e comunicante con il monastero dal quale le monache potevano partecipare, riservatamente e senza essere viste, alle celebrazioni liturgiche.

La convivenza fra monache di clausura e Confraternita fu però sempre difficile. Alla fine del ‘700 diventò impossibile e il vescovo decise di assegnare alla Confraternita la chiesa di san Michele, alla quale erano contigui i locali del nuovo ospedale. Traslocando, i confratelli portarono con sé il grande dipinto, che li rappresentava, nella nuova chiesa dove tuttora si trova.

Si tratta di un dipinto datato (1594) e firmato da un artista castellanetano, Ottavio Novata (o Nogara). A giudicare dal risultato lo dobbiamo considerare un artista di qualità non eccelsa perché non sempre efficace nella resa dei personaggi. Ma l’aspetto unico e singolare del grande dipinto confraternale è che fa esplicito riferimento all’ambiente castellanetano. Ai piedi della Madonna Immacolata a sinistra la corte maschile con gli alti prelati del Capitolo e il vescovo di allora, mons. Bernardo de Benedictis (o Benedetto), vescovo dal 1585 e morto nel 1607, riconoscibile dalla mitria, lo stemma personale e, sui guanti, il simbolo della fratellanza.

A destra, secondo una consuetudine in quel tipo di dipinti, la corte femminile, costituita da donne eleganti nelle acconciature e negli sfarzosi abiti rinascimentali. Sono le sante titolari di dedicazione di chiese castellanetane: si tratta di santa Maria Maddalena, più vicina alla Madonna e con una capigliatura più pronunciata e rossastra; di santa Lucia, in secondo piano, occhi all’altezza del petto e coltello nella gola (così fu martirizzata); santa Caterina d’Alessandria, di profilo, con la corona regale e la ruota della tortura; in primo piano, appoggiata ad una torre (che rappresenta la torre civica di Castellaneta) santa Marina conosciuta anche come santa Margherita d’Antiochia, vergine e martire decapitata (notare il taglio sulla gola), recante nella mano destra il piccolo crocifisso metallico che le consentì la prodigiosa salvezza.

Queste quattro sante alla fine del ‘500 erano le uniche titolari di dedicazione di chiese locali. Perché tutte le altre chiese esistenti, e certo non in numero esiguo, erano dedicate a santi maschili oppure erano di devozione mariana.

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